ROMA - "La questione del politicamente corretto è
terribilmente seria. Tra i diritti fondamentali delle persone c'è quello al
proprio nome e all'autodeterminazione
di sè. Il lavoro sulle parole va in buona parte fatto contro i giornalisti e
loro argomentazioni". Lo ha sottolineato il politico, sociologo e senatore
del Pd Luigi Manconi, intervenendo oggi a Roma al seminario "Parlare
civile".
"Dobbiamo intervenire sui livelli di crescita interni
ma i processi di civilizzazione sono lunghi e non lineari, conoscono
arretramenti e forme di regressione. Il tempo è quindi il primo fattore
decisivo, a cui seguono il buon gusto e buon senso - aggiunge Manconi - . Oggi
'vu' cumprà' è superato, anche se non sappiamo se da termini positivi o negativi. Ma alla fine degli anni '80
diventò predominante e diede origine a una serie di terribili slittamenti come
'vu' lavà' o 'vu' stuprà', par
Ironizzando su se stesso, Manconi ha poi aggiunto: "Io sono quello che il linguaggio politicamente corretto definisce 'non vedente', gli esami medici definiscono 'ipovedente', e che chi è sardo come me definisce 'ippovedente, colui che guarda i cavalli".
ole che comparivano nei titoli di numerosi
quotidiani nazionali. Una questione analoga è legata alle vicissitudini del
termine 'clandestino', che fino al 2009 era bandito dal nostro linguaggio e dal
nostro ordinamento giuridico". Ironizzando su se stesso, Manconi ha poi aggiunto: "Io sono quello che il linguaggio politicamente corretto definisce 'non vedente', gli esami medici definiscono 'ipovedente', e che chi è sardo come me definisce 'ippovedente, colui che guarda i cavalli".
Raffaella Maria Cosentino, tra le autrici del libro, ha
ricordato che il volume Parlare civile, "non è un bestiario giornalistico,
ma dietro ci sono le persone". Rispetto al tema dell' immigrazione ha
sottolineato come lo "stigma legato al termine clandestino sia fortissimo
e porti a fare di ogni erba un fascio. Nella maggior parte dei casi - spiega -
sono persone scivolate nell'irregolarità perché avevano il permesso di
soggiorno per lavoro e poi lo hanno perso". Secondo Cosentino, inoltre,
"il giornalismo senza integrità è inconsistente come il fumo".
Federica Dolente, un'altra delle autrici, trattando la questione della rappresentazione nei media delle religioni ha analizzato i titoli discriminatori di alcuni giornali. "Nella maggior parte dei casi ritorna con forza il tema del nemico interno e dello scontro di civiltà". Di delitto passionale e linguaggio omofobo ha invece parlato la terza curatrice del libro, Giorgia Serughetti, "tra gli stereotipi legati all'omosessualità predomina quello che siano esibizionisti - afferma - mentre quando si parla di delitti passionali si tende a deresponsabilizzare il colpevole: è la donna che prova e l'azione violenta è suscitata dalla gelosia".
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