29 apr 2013

Kyenge: macché di colore, sono italo-congolese. E nera

Il primo ministro “di colore”. Così l’hanno definita quasi tutti i media subito dopo la sua nomina. Ma che ne pensa la diretta interessata, Cécile Kyenge Kashetu? “Credo che non sia un’espressione giusta – afferma netta la neoministra dell’Integrazione del governo di Enrico Letta – O si dice di che colore ho la pelle oppure, meglio, si dice il mio paese di origine, o al limite che sono di ‘origine straniera’. Nel mio caso si dovrebbe dire italo-congolese, così come si parla di italo-americani, anglo-francesi... Rende di più la persona di cui si parla e soprattutto racchiude la doppia appartenenza, l’identità doppia”. Cécile Kyenge risponde così a una domanda di Redattore Sociale all’interno di un’intervista legata al libro “Parlare civile” curato dall’agenzia.

Ed ecco cosa dice il libro a proposito della locuzione “di colore”.
“L’espressione che resta di maggiore successo in Italia per indicare una persona di pelle nera è intrisa di falso buonismo: uomo, donna, persona di colore. È sconsigliato usarla. Si tratta di un eufemismo, un’espressione troppo politically correct e, paradossalmente, discriminatoria”.
“Ricalca l’inglese colored – si legge ancora nella pagina sulla locuzione ‘di colore’ riportata nel capitolo “Negro” - e il successivo people of color. Prima obiezione: tutti abbiamo un colore della pelle e quindi non si capisce perché di colore debbano essere solo le persone non bianche. Da questa banale considerazione deriva la seconda, sul carattere discriminatorio di tale luogo comune. ‘Fa parte della visione etnocentrica’ della realtà da parte dei bianchi ‘che non si rendono nemmeno conto di avere anche loro un colore’ chiarisce l’accademico camerunense Esoh Elamé, in un saggio dal titolo inequivocabile: Non chiamatemi uomo di colore. La locuzione ‘di colore’ è un ‘falso amico’. Sembra più rispettosa, ma in realtà è frutto di una rappresentazione del mondo legata al periodo della segregazione razziale negli Stati Uniti. Di colore era il modo in cui venivano chiamati gli ex schiavi. Anche se erano uomini formalmente liberi occorreva segnare ‘una separazione netta tra loro e i bianchi’”.
“Non deve trarre in inganno il fatto che una delle più antiche associazioni antirazziste americane, fondata negli Stati Uniti nel 1909 si chiami ancora National Association for the Advancement of Colored People. L’organizzazione ha scelto di mantenere nome e sigla perché ormai appartiene alla memoria collettiva degli statunitensi. Secondo un articolo del 1988 del New York Times scritto da William Safire, colored era percepito dalla maggior parte della popolazione nera come un insulto razziale e rimpiazzato dai termini ‘neri’ (black) e da ‘persone di colore’, un’espressione che era non più riferita ai soli neri ma a tutti i ‘non bianchi’. Già un quarto di secolo fa ci si chiedeva quale fosse il contrario di ‘persona di colore’. Risposta inequivocabile: bianco”.

1 commento:

  1. Tecnicamente si dovrebbe dire piuttosto "congo-italiana", poiché la prima parte della parola rappresenta il luogo d'origine, mentre la seconda parte lo Stato attuale.

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